I BENEDETTINI E IL PARMIGIANO REGGIANO
Le origini del Parmigiano Reggiano risalgono al Medioevo e sono indicate intorno al XII secolo. Epoca di grandi distruzioni, di terre inselvatichite, di povertà economica e culturale.
I benedettini promossero la bonifica di molte zone, prosciugandole con la costruzione di numerosi canali per lo scolo delle acque, disboscando le selve e coltivando nuove terre che permisero di rispondere ai fabbisogni della popolazione.
Già nel 1153 Papa Anastasio IV confermava ai Benedettini di Brescello il possesso dell’Hospitale di S. Lorenzo di Calerno a conferma che l’Ordine monastico era già presente nell’ampio complesso della Commenda le cui terre adiacenti assicuravano una buona irrigazione delle terre e consentivano di avere il foraggio già a marzo per nutrire i bovini allevati nelle “grange” e impiegati nelle grandi opere di bonifica e dissodamento delle terre incolte.
La parola “grangia o grancia” deriva dall’antico termine latino “granea”, e quindi “grangiarius”, dal quale deriva il francese grange (granaio) e lo spagnolo granja (fattoria). Questo termine originariamente indica una struttura edilizia utilizzata per la conservazione del grano e delle sementi. Più tardi il termine definisce il complesso di edifici costituenti un’azienda agricola, assumendo anche il significato di una vasta azienda produttiva, per lo più monastica..
I Benedettini poterono così applicare diverse innovazioni nel lavoro dei campi, che dissodavano ed impiantavano con nuove culture e nuovi prodotti. In questo modo creavano opere di umanizzazione rendendo gli ambienti più propizi alla vita, inserendovi poi le loro costruzioni in modo armonioso. Di conseguenza, la natura così valorizzata, per le abbondanti cure fornite, ricambiava con un incremento e un potenziamento dell’economia agricola ed una migliore qualità di vita per la gente che abitava nei pressi delle abbazie.
In questo contesto storico nacque il Parmigiano Reggiano ad opera dei monaci benedettini e cistercensi che erano alla ricerca di un formaggio la cui caratteristica principale dovesse essere quella di durare il più a lungo possibile e di resistere ai viaggi in terre lontane.
Il latte prodotto dai bovini eccedeva di gran lunga il fabbisogno dei monasteri ma, al contempo, non poteva certamente essere sprecato e per questo motivo doveva essere trasformato in formaggio o in burro.
La tradizione vuole che il formaggio, ottenuto da latte crudo, si produce tagliando la cagliata con una croce, come vuole la sacralità del lavoro dei monaci e dei loro conversi.
Oggi, come allora, i lenti processi di maturazione portano alla formazione di piccoli granellini (che oggi sappiamo essere formati da cristalli di tirosina e calcio) e che per questo venne denominato “Grana”.